NurArcheoFestival 2019
L’XI edizione del NurArcheoFestival si presenta davvero ricca di novità, fra queste la creazione di un appuntamento letterario finalizzato a fare incontrare gli appassionati di archeologia attorno a temi ad legati con studiosi, storici, archeologi, letterati che possano avvicinare le tematiche archeologiche anche ai non addetti ai lavori.
Il contenitore, chiamato “Incontro con l’Autore: Archeologia tra scienza e letteratura”, verrà inaugurato il 28 agosto a Villagrande Strisaili, nel sito di S’Arcu e is Forro, alle ore 19:00.
Ad incontrare il pubblico presente saranno Paolo Littarru, de autore “Il contadino che indicava la luna”, Mauro Peppino Zedda, autore di “Archeoastronomia nella Sardegna preistorica” e Antonio Piredda, autore de “Il silenzio dei giganti”.
La serata sarà preceduta, ore 17:30, da una visita guidata all’area a cura della cooperativa Irei, con accompagnamento musicale di una giovanissima organetti sta, appena dodicenne, Chiara Coccoda.
Chi sono i protagonisti di questa prima serata di Incontro con l’Autore, lo descriviamo attraverso quarte di copertina ed interviste.
Paolo Littarru è ingegnere per l’ambiente e il territorio, dottore di ricerca in Ingegneria chimica per l’ambiente e la sicurezza e specializzato in Sicurezza e protezione industriale presso la Sapienza – Università di Roma. È cultore di archeologia e archeoastronomia e autore e coautore di diverse pubblicazioni scientifiche in materia di ingegneria ambientale, tra le quali: Santu Antine. Guida archeoastronomica al nuraghe Santu Antine di Torralba (Agorà Nuragica, 2003).
Breve descrizione del libro “Il contadino che indicava la luna. Storia di un cambio di paradigma nell’archeologia sarda“:
Il testo si onora della presentazione di Franco Laner (già docente di tecnologia dell’architettura allo IUAV di Venezia) e della post fazione dell’epistemologo Silvano Tagliagambe.
Oggetto del libro è la vicenda, per certi versi quasi incredibile, di un contadino autodidatta, autore di un corpus di studi approdato sulle più autorevoli riviste scientifiche internazionali Peer Rewied, che ha elaborato un nuovo paradigma nel senso Kunhiano del termine, reintepretando il nuraghe, ossia la più celebre e caratteristica delle architetture monumentali sarde.
Gli studi di archeoastronomia del contadino autodidatta sono stati validati in toto in campo internazionale ma sono accolti con freddezza o addirittura ignorati in sede locale e relegati al rango di fantarcheologia. Numerosi studiosi stranieri di chiara fama sono coautori di questi lavori le cui inferenze costituiscono un nuovo paradigma nell’archeologia nuragologica
‘Archeoastronomia nella Sardegna preistorica’, invece, è uscita due anni fa per Agorà Nuragica ed è uno dei testi scritti da Mauro Peppino Zedda, che facciamo parlare direttamente attraverso frammento di intervista rilasciata a Francesca Mulas per Sardinia Post:
<< … l’archeoastronomia. Di cosa si tratta? Sono da sempre appassionatamente curioso sulla struttura dell’universo e della storia umana, un mix che mi ha consentito di conoscere l’archeoastronomia a fine degli anni Ottanta, da allora ho studiato l’orientamento di nuraghi, tombe di giganti, dolmen, megaron, pozzi sacri, domus de janas in tutta l’isola. Ho misurato migliaia dei monumenti della Sardegna preistorica e protostorica pubblicando i risultati delle mie osservazioni in riviste scientifiche internazionali e in alcuni libri. Nel 2014 ho scritto il capitolo dedicato al significato astronomico dei nuraghi nel monumentale ‘Handbook of Archaeoastronomy and Ethnoastronomy’ edito dalla Springer, ovvero una delle case editrici scientifiche più importanti del pianeta.>>
Antonio Piredda è nato ad Orroli nel 1952. Con la sua famiglia si è trasferito a Cagliari nel 1958. Ha conseguito la Laurea in Materie letterarie presso l’Ateneo di Cagliari. Dal 1981 ha insegnato presso diverse scuole della provincia di Cagliari.
“Il silenzio dei giganti” è un romanzo storico basato su fatti accaduti in Sardegna nella seconda metà del VI sec. a.C. Le vicende narrate sono frammenti fantasiosi di epica che si alternano con fatti reali di vita vissuta in una Cagliari di quarant’anni fa. Un parlatore compulsivo, conscio della sua patologia vuole guarire col silenzio: “Sa boghe cheret diventare iscrittura pro si chellare! La voce vuol diventare scrittura per tacere” e chiede via e-mail ad un vecchio amico di riscrivere quanto contenuto negli allegati che gli invierà. L’amico riesuma ricordi della loro giovinezza che combina e “assembla” con quanto ricevuto. È la rivisitazione arbitraria di usi e costumi, credenze, magia e spiritualità desunte dall’osservazione dei “bronzetti” e delle grandi statue dei “Giganti di Pietra” di Cabras. La storia di amori, gioie, sofferenze, guerra, pace e sangue di un popolo vissuto nel VI sec. a.C. “attraversa come un basso continuo tutta la peripezia “moderna”, una sorta di legante e nello stesso tempo un’alterità che funge come controcanto, e in qualche modo richiama il coro nella tragedia antica: la vicenda collettiva di un popolo sorpreso nel momento storico in cui sta passando dalla parte di coloro che fanno la storia al novero di quanti ne subiscono gli effetti catastrofici”.
Il crogiuolo, Spazio Fucina Teatro,
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