APRILE ALLA VETRERIA APRILE RESISTENTE
APRILE ALLA VETRERIA APRILE RESISTENTE
La Vetreria, Centro d’Arte e Cultura, Pirri – Cagliari
5 – 30 aprile 2019
Due storiche compagnie cagliaritane uniscono ancora le forze. Per il terzo anno consecutivo Cada Die Teatro e Il crogiuolo mettono insieme risorse ed energie e organizzano negli spazi che condividono, quelli del Centro d’arte e cultura La Vetreria di Pirri, una rassegna congiunta di teatro civile, filone che ha sempre contraddistinto il loro percorso artistico. Anche nel 2019 sarà APRILE ALLA VETRERIA APRILE RESISTENTE, titolo che sintetizza la sinergia fra Cada Die e Crogiuolo. Per quasi un mese, dal 5 al 30 aprile, il Teatro La Vetreria e lo spazio Fucina Teatro si animeranno con un cartellone fitto e denso fra teatro, musica e giochi in piazza, curati dai Cemea (Centri di Esercitazione ai Metodi dell’Educazione Attiva).
“Era il lontano 1991 quando decidemmo di occupare un grande capannone fatiscente della vecchia vetreria in procinto di essere rasa al suolo”, ricorda Pierpaolo Piludu, attore storico di Cada Die. “Da sognatori, a costo di passare per matti, dicevamo che su quei ruderi sarebbe potuto sorgere un parco, un teatro, un centro culturale. Questo sogno è diventato realtà, e siamo contenti di condividerlo ancora con i compagni del Crogiuolo, perchè le nostre iniziative si intrecciano e si arricchiscono a vicenda”.
“Aprile Resistente – dice Rita Atzeri, presidente, e direttore artistico, del Crogiuolo – è la denominazione ideata due anni fa per gli spettacoli dello spazio Fucina Teatro, nata dall’esigenza di difendere e diffondere i valori della Resistenza per ritrovarli nell’impegno quotidiano. L’incontro con Aprile alla Vetreria – sottolinea Atzeri – rinnova la collaborazione artistica con Cada Die Teatro, che ha assunto sempre maggiore forza e valore artistico – sociale”.
IL PROGRAMMA
Si parte venerdì 5 aprile, alle 21, nella SALA BANCRI (dedicata al giornalista e scrittore Cristiano Bandini) di FUCINA TEATRO con UN METRO E OTTANTA – Storie di uomini e fango, con Francesco Civile, che ha curato anche il testo e firma la regia, e Leonardo Sarigu, autore delle musiche originali, con la collaborazione della Scuola Civica di Musica di Capoterra (produzione Anfiteatro Sud).
Capoterra, nel sud della Sardegna. Dopo una notte insonne a causa di un forte temporale, il venticinquenne Francesco saluta la famiglia per poi andare a lavorare in città. Costantemente accompagnato da una pioggia ininterrotta e invadente, a metà mattina sente per caso un radiogiornale locale e capisce che è successo qualcosa proprio a casa sua. È il 22 ottobre del 2008. Una violenta alluvione colpisce tutto il territorio capoterrese, sconvolgendo la vita di migliaia di persone. Francesco riesce a stento a comunicare con la sua famiglia e solo il giorno dopo può tornare a casa. Il fango è passato, con la sua furia, lasciando un segno preciso lungo i perimetri delle case, una linea perfetta a un metro e ottanta centimetri di altezza. Ciascuno a suo modo deve ricominciare da zero, compreso lui. Ma proprio in quei giorni di sconvolgimento, il sogno di una vita bussa alla sua porta…
Francesco Civile, accompagnato in scena, live, dal trombettista Leonardo Sarigu, racconta il giorno in cui il suo paese fu colpito dalla violenta alluvione: “… Quel giorno lì cambiarono le gerarchie, saltarono gli equilibri. Si potevano provare due emozioni contemporaneamente, quasi senza che una lasciasse respirare l’altra…”. Attraverso elementi scenici essenziali e alternando momenti di leggerezza e riflessività, lo spettacolo ripercorre un evento che di norma risulta essere fuori dall’ordinario ma che ultimamente sta diventando sempre più frequente anche in paesi nei quali il clima mite non ha abituato l’uomo a trovarsi di fronte alla potenza sconvolgente della natura.
Doppio appuntamento domenica 7 aprile. Si comincia alle 16.30 con i giochi in piazza a cura dei Cemea e alle 18, al TEATRO LA VETRERIA, va in scena IL RESPIRO DEL VENTO, nuova produzione di Cada Die Teatro, di e con Mauro Mou e Silvestro Ziccardi, regia e collaborazione alla drammaturgia di Alessandro Lay (luci e suono: Matteo Sanna; musiche originali: Mauro Mou, Matteo Sanna, Silvestro Ziccardi; contributo realizzazione canzoni: Andrea Serra; contributo realizzazione scene: Emiliano Biffi, Mario Madeddu, Francesca Pani, Marilena Pittiu; contributo realizzazione costumi: Ilaria Porcu; organizzazione: Tatiana Floris).
La storia di un ragazzo che, cercando la pioggia, perse se stesso e la sua amata, che lo ritrovò seguendo il suo ultimo respiro. “C’era una volta il popolo degli uomini blu. Vivevano vicino a un grande lago così limpido che sulla sua superficie si potevano vedere galleggiare le nuvole, le foglie, le stelle e i sassi bianchi del fondo. Certe sere il cielo si rifletteva sull’acqua e colorava il villaggio e i suoi abitanti d’azzurro e di blu. Ma un anno smise di piovere e il lago si prosciugò.
La siccità affligge il popolo degli uomini blu. Il loro lago è secco. L’anziano del consiglio affida ad Alizar un compito, cercare la pioggia e riportare il lago sulla terra: ‘Guarda il cielo Alizar, il nostro lago ora è lassù, tu dovrai riportarlo quaggiù’. Alizar prima di partire va dalla sua amata Mounia. Promette che l’amerà anche quando sarà lontano, e lei che lo cercherà, anche se dovesse rimanere di lui solo “un respiro”. Mounia da una collina osserva Alizar allontanarsi e canta insieme a un piccolo uccellino azzurro una canzone di speranza. Alizar arriva in una foresta dove incontra due corvi. Per proseguire oltre deve rispondere ad una domanda o pagare: ‘Da dove viene il vento?’ Non sa rispondere, non ha soldi, e così i corvi chiedono le sue gambe, le braccia, il petto, gli occhi, la bocca, la testa, ma il suo ‘ultimo respiro’ Alizar lo manda a Mounia sulle ali dell’uccellino azzurro. Nel villaggio degli uomini blu passano gli anni e Mounia aspetta il suo amato, finché una mattina quel piccolo uccellino, entrando nella sua stanza, con un soffio di vento la sveglia e lei decide di partire a cercare Alizar. Anche Mounia arriva alla foresta e i corvi la accolgono gracchiando la loro domanda. Mounia risponde, senza tentennamenti: ‘Il vento è il respiro di Alizar’. I corvi scompaiono, ma prima di scomparire lei vede nei loro occhi quello che era accaduto. Restituisce il respiro ad Alizar e lui, svegliandosi, trova davanti a sé una donna anziana, di cui riconosce il sorriso. Mentre la bacia Mounia torna giovane come il giorno in cui si erano lasciati. Il rito è compiuto: nel villaggio torna la pioggia”.
Alle 21, nella SALA BANCRI di FUCINA TEATRO il secondo spettacolo della serata, L’ULTIMA RISATA – I comici cabarettisti ebrei dai palcoscenici tedeschi ai campi di concentramento, di e con Rosalba Piras e Tiziano Polese (produzione Abaco Teatro), in collaborazione con Anpi e Cgil (che ha dato il patrocinio agli spettacoli di Aprile Resistente).
Gli autori e interpreti della pièce vestono i panni degli attori ebrei Max Ehrlich e Camilla Spira, famosissimi negli anni che vanno dal 1920 al 1944. Piras e Polese raccontano le loro sorti e quelle di altri famosi comici ebrei, ai quali si deve negli anni ‘30 l’importanza del cabaret e dello spettacolo leggero mitteleuropeo, in particolare di quello berlinese. Il destino di questi artisti è segnato dall’avvento di Hitler al potere. Espulsi dai set e dai palcoscenici sui quali avevano primeggiato, le loro performance si replicano in condizioni sempre più difficili. Gli avvenimenti storici, la loro passione per il teatro, le loro testimonianze, il tormentato vissuto sono scanditi dallo scambio di lettere che intercorreva fra Ehrlich e Spira. Si capisce così come i comici cabarettisti ebrei passarono dal recitare sui palcoscenici di tutta Europa ai campi di concentramento.
Lo spettacolo si articola in tre parti. La ghettizzazione: nell’autunno del ’33 nasce a Berlino la Lega della cultura ebraica dove l’arte veniva prodotta dagli ebrei solo per gli ebrei, finché la Gestapo non ne chiuse i battenti; la deportazione: il campo di transito di Westerbork, in Olanda, o l’insediamento ebraico di Theresienstadt, vicino a Praga, ospitavano, fra le varie forme di attività artistica, celebri cabaret, animati da artisti tedeschi, olandesi o cechi che vi erano internati; lo sterminio: la maggior parte degli artisti finirà col concludere così, tragicamente, la propria esistenza. La messa in scena scivola fra la narrazione in prima persona – la Berlino d’epoca rivissuta attraverso le memorie dei due protagonisti – e l’evocazione del repertorio storico, canzoni yiddish e del cabaret tedesco (cantate dagli attori nelle lingue originali), danze e musiche tradizionali, ballate, sketch degli anni Trenta; fra le testimonianze di carattere documentale e le riflessioni sul senso e sui paradossi della vicenda narrata. L’Ultima Risata è il risultato di una ricerca compiuta da Rosalba Piras e Tiziano Polese insieme a Tonio Cireddu, curatore del montaggio video e del sonoro originale.
SCHIZZALORU. BRIGANTINI E SCIABECCHI – Antonio Gramsci, l’infanzia come destino: è il titolo dello spettacolo che verrà proposto (in collaborazione con Anpi e Cgil) giovedì 11 aprile, alle 21, nella SALA BANCRI di FUCINA TEATRO e che sarà prima introdotto da un intervento dello storico Gianluca Scroccu. L’ideazione, il testo e la regia sono di Rita Atzeri, in scena con Luca Lai (vero protagonista di questo lavoro con l’interpretazione del vissuto di Gramsci, dall’infanzia all’età adulta, ha iniziato il suo percorso in teatro con il progetto Migranti di Cada Die, finalizzato a fornire alla disabilità, sia fisica che psichica, voce ed espressione) e Franco Siddi (storico attore della compagnia Teatro Olata di Quartucciu). Le musiche, originali, verranno eseguite dal vivo da Chiara Effe (nuova produzione de Il crogiuolo).
“Schizzaloru” è un termine sardo che fa riferimento agli schizzi d’acqua con cui Gramsci si divertiva a far veleggiare brigantini e sciabecchi. L’assunto su cui si fonda lo spettacolo, partendo e ritornando alle parole dette dall’intellettuale e politico di Ales, è che il destino della sua vita si sia delineato negli anni dell’infanzia. I giochi richiamati nel titolo evidenziano il legame profondo con la Sardegna, che Nino, non a caso, userà richiamando l’infanzia, appunto, come metafora per spiegare i concetti di giustizia, di impegno, di uguaglianza, e quindi la storia e la politica, ai propri figli bambini. A raccontare questo Gramsci, nei panni di una cantastorie che vuole trasferire ai giovani di oggi un messaggio di impegno, è la cantautrice Chiara Effe. Le sue note (le canzoni sono composte da lei) evocano sul palco, facendo prendere loro vita, gli spiriti di Ciccitto (Franco Siddi), il padre di Antonio, di Antonio bambino (Luca Lai), ma consapevole di quello che sarà il suo domani, e della sorella Teresina (Rita Atzeri).
Fonti d’ispirazione per la stesura del testo dello spettacolo sono state le biografie di Gramsci, quella, famosa, di Giuseppe Fiori e la più recente di Angelo D’Orsi, le lettere dal carcere, il libro di Alessio Paulesu “Nino mi chiamo”, alcune fiabe, come “L’albero del riccio”. In scena il dialogo impossibile tra padre e figlio, l’uno alla ricerca dell’altro, e il rovesciamento per Gramsci dal ruolo di figlio a quello di padre, circondato da un’aura di incompiutezza per la lontananza dalla famiglia a cui venne costretto dalla lunga detenzione in carcere fino alla morte, causata dalle sofferenze, fisiche e psicologiche, patite e dalle sempre precarie condizioni di salute.
Il giorno dopo, venerdì 12, alle 18 verrà riproposto, al TEATRO LA VETRERIA, il fortunato RIVA LUIGI ’69 ’70 – Cagliari ai dì dello scudetto, di e con Alessandro Lay, prodotto da Cada Die Teatro (le luci sono di Giovanni Schirru, il suono di Matteo Sanna, le scene di Mario Madeddu, Marilena Pittiu, Matteo Sanna, Giovanni Schirru). Il monologo trae ispirazione da, ed è dedicato a, un’icona della storia, non solo sportiva, di Cagliari e dell’intera Sardegna: Gigi Riva, che il grande giornalista Gianni Brera – come è noto – soprannominò “Rombo di tuono”, per la sua potenza, l’ardore agonistico e le eccellenti capacità di goleador. Un modo riuscito, lo spettacolo, per raccontare soprattutto l’uomo e, attraverso le sue vicende personali e gesta calcistiche, un’epoca.
“Nel 1970, quando il Cagliari divenne campione d’Italia, io avevo 8 anni”, scrive nelle note di presentazione Alessandro Lay. “Non ricordo molto dello scudetto, ma ricordo come era la città, come ci vestivamo, come ci appendevamo ai tram per non pagare, l’album della Panini e le partite ‘a figurine’ sui gradini della scuola elementare. Ricordo il medagliere, con i profili dei giocatori del Cagliari sulle monete di finto, fintissimo oro da collezionare. E ricordo vagamente un ragazzo schivo, a volte sorridente, che guardava sempre da un’altra parte quando lo intervistavano. Un ragazzo che puntava i pugni in terra e si faceva tutto il campo correndo ogni volta che segnava un gol…”.
Pier Paolo Pasolini, grande appassionato di calcio, scriveva: “Che cos’è una lingua? ‘Un sistema di segni’, risponde, nel modo oggi più esatto, un semiologo. Il gioco del football è un ‘sistema di segni’; è, cioè, una lingua, sia pure non verbale. La sintassi si esprime nella ‘partita’, che è un vero e proprio discorso drammatico. Ci può essere un calcio come linguaggio fondamentalmente prosastico e un calcio come linguaggio fondamentalmente poetico. Per spiegarmi darò alcuni esempi: Bulgarelli gioca un calcio in prosa: egli è un ‘prosatore realista’; Riva gioca un calcio in poesia: egli è un ‘poeta realista’”.
Sempre il 12, ma alle 21 nello spazio FUCINA TEATRO (Sala BanCri), 28 MQ DI TELA GREZZA – Beat Generation, con Filippo Murgia, Monica Pisano, Aldo Sicurella, Federico Fenu alla chitarra elettrica, regia di Aldo Sicurella (produzione Teatro Instabile).
“La beat generation è un gruppo di bambini all’angolo della strada che parlano della fine del mondo”, scrive Sicurella nelle note sullo spettacolo. “Con la beat generation si inaugura una nuova sensibilità americana rivolta ai tempi che stanno cambiando, vivificando temi da sempre facenti parte delle tradizioni nazionali: l’innocenza, il viaggio, il rifiuto, l’adolescenza, la fuga, la ricerca di identità. Kerouac, Jimi Hendrix, Bob Dylan, Fernanda Pivano, Patti Smith, Leroy Jones, Alda Merini, Gregory Corso. Un omaggio a una generazione di scrittori, musicisti e uomini indimenticabili”. “28 mq di tela grezza”, le dimensioni del famoso dipinto “Guernica” di Pablo Picasso, vuole essere un progetto artistico sulla pace che racconta storie di uomini e di guerra.
Domenica 14 aprile si comincia alle 16.30 con i giochi in piazza a cura dei Cemea. Alle 18, al TEATRO LA VETRERIA, in scena TRE BOTTONI E LA CASA CON LE RUOTE. Lo spettacolo (produzione di Cada Die Teatro), liberamente ispirato al racconto “La casa di Tre Bottoni” di Gianni Rodari, vede protagoniste sul palco Francesca Pani (che cura anche scenografie e costumi) e Lara Farci, giovani attrici formatesi alla Scuola di Arti Sceniche La Vetreria di Cada Die Teatro, la messinscena e la regia sono di Mauro Mou (filastrocche di Andrea Serra, musiche originali di Mauro Mou e Matteo Sanna, disegno luci di Giovanni Schirru, suono di Matteo Sanna).
“La nostra storia racconta di una casa, una casa un po’ speciale: la casa di Tre Bottoni. Tre Bottoni è un falegname costretto ad andare via dalla propria città, perché nessuno compra più i mobili che lui realizza con tanta cura; quindi con chiodi e martello si costruisce una piccola casa con le ruote, che può portare in giro per il mondo. Una casa su misura, senza eccessi, ma capace di accogliere le persone che chiedono aiuto e ospitalità. E’ una casa aperta a tutti, ma proprio a tutti, dai più bisognosi fino a sua maestà il Re, con il suo cavallo… “.
Un lavoro rivolto ai più piccoli e dedicato all’accoglienza. “In un momento in cui si alzano barriere e ci si chiude dentro case fortezza, in cui si vive tranquilli ma soli, vogliamo raccontarvi di un luogo capace di accogliere tutti, in cui ci si possa rannicchiare e sognare”.
A seguire Teatri di accoglienza – Scenari d’accoglienza SCENARI D’UMANITÀ, dove si parlerà dei temi proposti dallo spettacolo con Alessandro Atzeni, Nicola Cabras e Andrea Matta (della rivista Profilo Sociale), Barbara Cadeddu (docente della Facoltà di Ingegneria e Architettura dell’Università di Cagliari), Andrea Serra (insegnante,maestroinospedale), Francesca Setzu (di RE.COH, gruppo che si occupa di promuovere il cohousing, la condivisione degli spazi abitativi).
MURI A CIELO APERTO è il titolo dello spettacolo che va a completare il programma di domenica 14, alle 21, in SALA BANCRI (Fucina Teatro). La scrittura scenica e la regia sono di Romano Foddai, con Maria Paola Dessì e Stefano Petretto, la collaborazione alla drammaturgia di Renata Molinari (produzione S’Arza).
Lo spettacolo è ambientato in un condominio dentro il quale due personaggi, divisi da una parete, si ritrovano a dialogare. La prima è un’insegnante anziana ormai in pensione, il secondo un giovane di belle speranze che si rimette a posto la nuova casa, faticosamente acquistata con mutuo, creando notevoli fastidi al tranquillo riposo notturno dell’anziana donna.
Tutto accade in una notte. I due riflettono sulle situazioni che i muri creano nel modo con cui vengono vissuti o usati dagli uomini intesi come individui o popoli. Affiorano alla mente le rivolte nelle carceri, le aspettative e le speranze dopo il crollo del muro di Berlino, il barricarsi delle persone per difendersi dagli altri, i muri come simbolo delle spaccature e separazioni in seno alle famiglie. I temi che emergono dallo spettacolo riflettono una condizione umana di scottante attualità.
Il 16 aprile, alle 18 nello spazio FUCINA TEATRO, la Compagnia dei Crogiuolini presenta SHAKESPEARE E GLI ALTRI, testo e regia di Rita Atzeri, assistente alla regia Marta Gessa, con Elena, Pietro, Youssu, Rebecca, Nata, Luca, Benedetta, Simone, Matilda, Filippo e Ambra.
La compagnia dei Crogiuolini mette insieme il gruppo storico del laboratorio per bambini nato al Teatro Sant’Eulalia di Cagliari con alcuni elementi nuovi, che seguono un percorso di formazione teatrale condotto da Rita Atzeri nello spazio Fucina Teatro. Tanti i temi affrontati e i luoghi visitati in questi anni, inclusi gli studi di registrazione di Rai Sardegna e di Radio Kalaritana.
“Shakespeare e gli altri” è un lavoro di teatro nel teatro, in cui i ragazzi giocano con il loro essere studenti e allievi aspiranti attori e con la loro passione per il teatro. Un lavoro dall’intento comico, che rivoluziona il concetto di eroe e di protagonista a favore della valorizzazione del gruppo, proponendo una “pari opportunità” di gioco a prescindere dall’appartenenza di genere.
Questo spettacolo segna anche l’apertura di una collaborazione con l’emittente Tcs, con l’obiettivo di studiare un format televisivo per ragazzi, che preveda al suo interno uno spazio per lo spettacolo dal vivo che abbia i giovani come protagonisti.
La SALA BANCRI di FUCINA TEATRO ospita venerdì 19 aprile, alle 21, ITIS Galileo – UN MINUTO DI RIVOLUZIONE!, tratto dall’omonimo spettacolo di Marco Paolini, adattamento e regia di Giuseppe Ligios, con Gianfranco Corona (produzione Teatro d’Inverno).
“Da adesso un minuto di rivoluzione, via!”. Comincia così lo spettacolo o, per meglio dire, il viaggio che il pubblico si appresta ad affrontare attraverso l’intera vita di Galileo Galilei. “ITIS sta per Istituto tecnico industriale statale, come dire non prendiamoci troppo sul serio!”. Si raccontano i primi passi nella scuola, le primissime scoperte, ma anche il lato umano di Galilei, il carattere controverso e rivoluzionario, la sua unica storia d’amore, il cannocchiale, gli scontri con i colleghi e con la chiesa cattolica, il processo, la condanna, l’abiura delle sue concezioni astronomiche (aveva sostenuto, come è noto, la teoria copernicana eliocentrica). Un percorso guidato che cerca di mostrare l’attualità del pensiero di Galileo, un uomo fuori dagli schemi, che amava andare contro la statica ideologia che la conoscenza si fosse fermata ai greci e ad Aristotele, che si scontrò con il muro del conflitto fra scienza e fede.
Lo spettacolo, in un continuo riferimento alla contemporaneità, e muovendosi fra ironia e leggerezza, “porta a scoprire in Galileo non l’irraggiungibile mito della scienza ma un uomo che ci assomiglia, pieno di limiti e contraddizioni, con una costanza e una forza che resiste ai secoli. Non serve identificarsi in lui, ma esercitare la sua sana diffidenza”. Quando tutti credevano che la terra fosse ferma lui urlò “eppur si muove”.
Giovedì 25 aprile è il giorno della Festa della Liberazione, organizzata in collaborazione con Anpi e Cgil. Alle 19 nella SALA BANCRI di FUCINA TEATRO (ingresso gratuito) Mario Faticoni, accompagnato da Antonello Carta alla fisarmonica, presenta SERVABO, una riduzione del libro di Luigi Pintor (produzione Il crogiuolo). Lo spettacolo sarà preceduto da un’introduzione dello storico Gianluca Scroccu.
“Scritta sotto il ritratto di un antenato mi colpì, quand’ero piccolissimo, una misteriosa parola latina: servabo. Può voler dire conserverò, terrò in serbo, terrò fede, o anche servirò, sarò utile”. Queste parole, che spiegano il titolo del libro, riassumono anche il significato di cinquant’anni di vita, raccontata, a partire dai ricordi della prima giovinezza, “per riordinare nella fantasia dei conti che non tornano nella realtà”. Un’autobiografia, “Servabo”, che rivela un uomo, Luigi Pintor, per il quale la politica fu innanzitutto un’esperienza etica profonda e il riflesso di un’intensità intellettuale e umana che si esprime con una scrittura letteraria di rara qualità.
“Ascoltare Servabo di Pintor in questa nuova produzione de Il crogiuolo – scrive Mario Faticoni – significa ascoltare la voce di un lucido indagatore italiano dei passaggi guerra-pace, fascismo-libertà; di un grande giornalista, di un letterato, di un fratello, di un uomo, di un sardo. Una voce saggia indispensabile ai giovani d’oggi. Voce di un loro coetaneo, tanto è breve, lucida, come i loro post. Voce lontana dall’odioso politichese-ingannevole, “intellettuale”, scaduta, respingente, rifiutata. Poche pagine, due di una decina di capitoletti, nella lettura ridotte ancor più all’essenziale. L’isola, Cagliari, la guerra, la mina, la prigione, la pace, il matrimonio, il mestiere di giornalista, l’esilio, l’avamposto, il dolore. La mia voce è alternata a quella musicale di Antonello Carta, antico compagno d’arte”.
A seguire, alle 21, sempre nello spazio FUCINA TEATRO va in scena LA CITTÀ FUTURA, dall’opera di Antonio Gramsci, recital concerto con Stefano Giaccone (musicista e cantautore nato a Los Angeles nel 1959 ma trasferistosi a Torino dopo pochi anni, si è sempre mosso sulla scena rock indipendente, tra folk e jazz) e Giuseppe Manias (col fratello Luigi gestisce la Biblioteca Gramsciana di Ales). L’evento è dedicato alla Città Futura, numero unico del giornale curato per intero da Gramsci e pubblicato nel 1917, che aveva lo scopo di educare e formare i giovani. Giaccone, in collaborazione con Manias, racconta con letture e canzoni legate alla memoria, alle lotte, alla vita sociale la città dove dal 1911 al 1922 visse il filosofo e politico di Ales, Torino.
I testi originali gramsciani si snodano fra musiche eseguite dal vivo (voce più chitarra), letture, brevi commenti sociologici e storici, contributi audio. “Un continuo confronto/scontro con il Dopoguerra degli anni 50 e 60, l’attualità contemporanea e la proiezione futura. La città quale luogo/motore della prima rivoluzione industriale e luogo/liquido all’alba della rivoluzione informatica”.
Dopo l’autobiografia romanzata di Lugi Pintor la sfortunata, e tragica, vicenda del fratello Giaime, intellettuale, traduttore, raffinato germanista, morto giovanissimo in un’azione di guerra partigiana nel 1943. Il 26 aprile, alle 21, nella SALA BANCRI di FUCINA TEATRO viene presentato IL VIAGGIO DI GIAIME, di Carlo Ferrucci, trasposizione in forma di recital teatrale del libro dell’autore “La mina tedesca. Il vero romanzo di Giaime Pintor” (2015), con Rita Atzeri, Maria Grazia Bodio, Simeone Latini, Maria Loi, Fausto Siddi (produzione Il crogiuolo).
“’Il viaggio di Giaime’ – scrive Ferrucci – è un atto unico in cui ricostruisco, basandomi in parte su quanto riferitomi da Antonietta Pintor ma lavorando soprattutto – e inevitabilmente – di fantasia, alcuni episodi del viaggio compiuto da Giaime tra il 12 settembre e il 1 dicembre del ’43. Lavorando di fantasia ma cercando, nello stesso tempo, di riflettere il più fedelmente possibile i punti di vista e gli stati d’animo che si colgono negli scritti di Giaime, in particolare ne “Il colpo di stato del 25 luglio” (di cui riporto dei passi ad apertura di alcune scene)”.
Domenica 28 si parte al TEATRO LA VETRERIA, alle 17, con SEMI CHE GERMOGLIERANNO: Gianni Anedda e Anna Cadoni racconteranno l’esperienza dell’associazione “L’uomo che pianta alberi”, di cui sono i fondatori, mentre Salvatore Porta, esperto di Orto Sinergico, parlerà di agricoltura naturale. Alle 18 salirà sul palco Pierpaolo Piludu, autore e interprete di ALBERI E SOGNI, liberamente ispirato a “L’uomo che piantava gli alberi” di Jean Giono, regia e collaborazione alla drammaturgia di Alessandro Mascia (elaborazioni sonore: Giampietro Guttuso e Matteo Sanna; disegno luci: Giovanni Schirru; scenografie: Marilena Pittiu; assistente alla regia: Mario Madeddu).
“Siamo partiti dalla storia di Elzéard Bouffier, “L’uomo che piantava gli alberi” che riuscì a trasformare un deserto di sassi e di vento in un’immensa foresta”, è scritto nelle note dello spettacolo. “Questa vicenda si è intrecciata con quelle di altre donne e uomini che hanno dedicato la propria vita alla realizzazione di un sogno, anche quando il buon senso, la ragione e le guerre, suggerivano di lasciar perdere. Uomini e donne che hanno lasciato bonos ammentos, dei bei ricordi: un’umanità semplice e sorprendentemente bella”.
E ancora: “Ci siamo anche avvicinati ai sogni colorati e un tantino ambiziosi che avevamo da ragazzi, alla fine degli anni ’70, quando speravamo di fare la rivoluzione e di dare vita a un mondo più bello e più giusto… In alcuni momenti i protagonisti dello spettacolo diventano un gruppo di giovani attori che, nei primi anni ’80 con un pullmino sgangherato, vanno in giro in un’Europa ancora divisa da muri e rigide frontiere. A fronte delle numerose sonore sconfitte che hanno spesso accompagnato la nostra generazione – continuano Piludu e Mascia – ci piaceva l’idea di raccontare, una volta tanto, anche delle storie che finissero bene. Come quella della nostra compagna Zelinda Roccia, che decise di lasciare scuola e teatro per trasferirsi a Managua e cercare di salvare bambine e bambini di strada che sniffavano la pega, una colla devastante per non sentire i morsi della fame e la paura delle violenze. O come quella di Elzéard Bouffier: chissà cosa gli era passato per la testa, pochi giorni prima di morire, quando si era voltato e aveva visto chilometri di bosco… un mare di alberi mossi dal vento… Un grazie va alle associazioni “L’uomo che pianta gli alberi” di Cagliari e “Los Quinchos” del Nicaragua per l’instancabile e contagiosa voglia di fare e di sognare. ‘Alberi e sogni’ è dedicato al nostro fratello e compagno Ignazio Onnis Cavallo Selvaggio e a tutti i poeti pazzi e pazzi poetici del mondo che mai e poi mai vorranno sottomettersi”.
La serata del 28 si chiude nello spazio FUCINA TEATRO (Sala BanCri), alle 21, con CAMMELLI A BARBIANA – Don Lorenzo Milani e la sua scuola, di Francesco Niccolini e Luigi D’Elia, anche autori del libro omonimo, con in scena lo stesso D’Elia e la regia di Fabrizio Saccomanno (distribuzione INTI, produzione Thalassia – Teatri Abitati). Lo spettacolo sarà preceduto da una introduzione dello storico Gianluca Scroccu.
D’Elia e Niccolini raccontano la più straordinaria esperienza pedagogica del Novecento italiano, quella di don Lorenzo Milani. “È la storia di una scuola nei boschi, dove si fa lezione tra i prati e lungo i fiumi, senza lavagna, senza banchi, senza primo della classe e soprattutto senza somari né bocciati”, commenta Niccolini, drammaturgo che da molti anni lavora, studia e scrive con Marco Paolini (insieme al quale ha realizzato, tra l’altro, lo spettacolo ITIS Galileo e la versione televisiva di “Vajont”). “Racconto di un ragazzo ricco, sorridente e pure bello”, aggiunge D’Elia, interprete unico dello spettacolo e co-autore della drammaturgia, “sempre in lotta con la scuola e la sua famiglia. I domestici di casa lo chiamano ‘signorino’, e a lui non va giù. Ma è un figlio di papà che, mentre i ragazzi della sua età vanno a combattere per Mussolini, studia da pittore. Eppure, sotto le bombe dell’estate del ‘43 lascia la sua bella e comoda vita per farsi prete, senza immaginare che da lì a una decina d’anni sarà esiliato in mezzo ai boschi dell’Appenino toscano dalla sua stessa Chiesa. Ma proprio lassù questo ragazzo ricco, sorridente e pure bello darà vita – con pochi ragazzi di mezza montagna – al miracolo della Scuola di Barbiana, diventando il maestro più rivoluzionario, dinamitardo e rompiscatole del dopoguerra italiano: don Lorenzo Milani”.
“Cammelli a Barbiana è un racconto a mani nude e senza scena”, precisa D’Elia. «Un racconto duro, amaro, ma allo stesso tempo intessuto di tenerezza per quel miracolo irripetibile che è stato Barbiana, con tutta la sorpresa negli occhi di quei ragazzi dimenticati che, un giorno, videro un cammello volare sulle loro teste”. “Nell’anno in cui per la prima volta un pontefice ha fatto visita alla scuola tra i boschi di Don Milani (era il 2017) abbiamo deciso di raccontare sia dal vivo che sulla pagina scritta – concludono gli autori – l’infinita e scomoda dolcezza dell’amore di Lorenzo per i suoi ragazzi. Un amore senza compromessi, senza paure, senza sconti. Per nessuno”.
Il sipario su APRILE ALLA VETRERIA APRILE RESISTENTE 2019 calerà martedì 30 aprile, quando alle 11 (matinée per le scuole) e alle 21 andrà in scena nella SALA BANCRI di FUCINA TEATRO LA CIURMA ANEMICA Canti di pace, guerra, liberta, donne e uomini qualunque – Un viaggio musicato che attraversa campi di battaglia, con Daniela Cossiga (voce) e Salvatore Delogu (chitarra), una produzione de La Botte e il Cilindro.
Lo spettacolo è nato come progetto di recupero e ricerca di un legame cronologico ed emozionale fra canzoni che hanno un significato particolare sia dal punto di vista storico, sia perché legate a temi e sentimenti che in qualche modo hanno contribuito a costruire un “pezzetto” del nostro Paese. Il duo Ciurma Anemica – che ha mutuato il suo nome dalla poesia/canzone “Il Galeone” di Belgrado Pedrini, partigiano, scrittore e poeta, che incita a riprendere in mano le proprie vite e i propri destini – propone un viaggio attraverso i sentimenti suscitati dalla canzone popolare, che, procedendo dal Risorgimento, sfiora temi come le partenze, le guerre, gli addii alla propria terra, la donna, le rivoluzioni, le sconfitte, gli eroi e le eroine di mondi che non sono poi cosi distanti da noi.
“Un progetto rivolto soprattutto al mondo dei giovani, fatto di consumi veloci”, dice Daniela Cossiga. “Giovani che, tramite il ruolo che ha la musica nell’ambito intergenerazionale, possono riscoprire e avvicinarsi a universi ancora vivi e densi di significato, ma che, probabilmente, sono troppo impolverati per essere visibili”.
La rassegna APRILE ALLA VETRERIA APRILE RESISTENTE è sostenuta dagli Assessorati alla Cultura della Regione Sardegna e del Comune di Cagliari.
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INFO E PRENOTAZIONI
Teatro La Vetreria 328 2553721 / 070 565507
biglietteria@cadadieteatro.com
Fucina Teatro 334 8821892
ilcrogiuolo@gmail.com
Biglietto singolo spettacolo: € 5
Manifestazioni del 25 aprile: ingresso gratuito
Il crogiuolo, Spazio Fucina Teatro,
Centro culturale La Vetreria – Cagliari Pirri
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Direzione artistica Rita Atzeri